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Il contributo al Programma
di Vincenzo Arrichiello
La

Senatrice Elizabeth Warren (Democratica) ha presentato, lo scorso 15 Agosto, una proposta di legge intitolata “Accountable capitalism act” (Legge per un capitalismo responsabile).
In un articolo pubblicato sul Wall Street Journal il 14 Agosto, la senatrice spiega, già nel titolo, lo scopo della sua proposta “Le Società [per azioni] non dovrebbero essere tenute a rispondere solo agli azionisti. La mia proposta di legge imporrebbe alle società di rispondere ai dipendenti e anche a tutti coloro che sono coinvolti (gli “stakeholders”) [dipendenti, clienti, la comunità nella quale la impresa opera, e gli azionisti]”.

L’obiettivo è di tornare all’approccio esistente fino agli anni ottanta del secolo scorso, per il quale le Società avevano il compito, primariamente, di rendere disponibili al pubblico prodotti e servizi di qualità a prezzo equo, di trarne un profitto capace di attirare investimenti per continuare e migliorare l’impresa, creare posti di lavoro e far crescere l’economia. Un approccio che ha fatto prosperare sia le imprese che i lavoratori, e la collettività nel suo complesso.
Le teorie neoliberiste emerse negli ultimi decenni del secolo scorso hanno fatto prevalere l’idea che l’unico obbligo delle società è quello di massimizzare il ritorno per gli investitori. Questo non ha danneggiato solamente gli altri stakeholder, in primis i dipendenti, ma anche la collettività in generale, e si è dimostrato negativo per le imprese stesse. Infatti queste hanno dirottato i ricavi, che precedentemente erano destinati agli investimenti a lungo termine, per distribuirli agli azionisti. In questo modo vengono compromesse le prospettive future dell’azienda, a tutto vantaggio dei concorrenti. A peggiorare la situazione concorre anche l’uso, ormai generalizzato di retribuire di amministratori con azioni, dando, quindi, loro un forte stimolo a dare priorità al ritorno economico degli azionisti (essendo tali loro stessi).

La proposta prevede i seguenti punti:
1) Le imprese con entrate annuali superiori al miliardo di Dollari devono adottare uno Statuto federale (come “United States Corporation”) che impone agli amministratori di tener conto degli interessi di tutti gli stakeholder (dipendenti, clienti, azionisti e le comunità nelle quali l’impresa opera), sul modello delle “benefit corporation” che prosperano nei 33 stati [USA] che attualmente ne prevedono la costituzione (ad esempio, Patagonia, Danone North America, and Kickstarter hanno preso questo indirizzo con ottimi risultati) [Nota: anche in Italia si possono costituirsi le “società benefit”, in base alla legge 28.12.2015, n. 208, commi 376-384].
2) Il Consiglio di Amministrazione delle United States Corporations deve comprendere una considerevole partecipazione dei dipendenti (non meno del 40% dei componenti deve essere scelto dai dipendenti della Società); questo prendendo spunto dal successo mostrato da questo approccio in Germania ed altre economie sviluppate.
3) La vendita di azioni della Società da parte dei suoi amministratori ed altri funzionari, che le ricevono come parte del compenso, è soggetta a vincoli (ad esempio è vietato venderle prima di cinque anni da quando sono state ricevute).
4)I finanziamenti a politici e partiti devono essere approvati da almeno il 75% del Consiglio di Amministrazione e da almeno il 75% degli azionisti.
5) Ad una United States Corporation che attui ripetuti e notevoli comportamenti illegali può venire revocato lo Statuto [ovvero, sostanzialmente, viene messa in liquidazione].

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